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Qwerty: una sequenza per niente casuale

Questo voleva essere un post dedicato alla sicurezza informatica: per l’ennesima volta, è stata pubblicata una lista delle password più usate al mondo, il che ci ricorda come la sicurezza dei nostri dati online sia ancora per lo più affidata all’uso di una password sicura, difficile da indovinare, diversa per ogni sito. In realtà, penso che sia ormai noto a tutti che un accesso online non sia affatto protetto dall’uso di password come:

  • 123456
  • qwerty
  • 111111
  • abc123
  • password1
  • iloveyou

Il fatto che tali password siano ancora massicciamente presenti sul web (come confermano gli elenchi di account rubati e messi in vendita sempre più spesso) fa capire quanto il problema sia fortemente legato alla natura di questo strumento: ricordare una password “difficile” è a sua volta difficile, figuriamoci ricordarne una diversa per ogni sito/servizio a cui accediamo. Usare la sola memoria porta al serio rischio di rimanere chiusi fuori dai propri account, a meno di utilizzare procedure di recupero spesso macchinose, e scrivere le proprie password su un quaderno sposta solo il problema dal web (accessibile a tutti) a un oggetto (comunque accessibile a molti, più facilmente di quanto non si pensi e senza che il proprietario se ne accorga). Per i servizi più “delicati” (accesso a dati sensibili, bancari, di Enti Pubblici) ormai la normativa spinge ad usare metodi più sicuri, come l’autenticazione a due fattori (una conferma successiva alla password e indipendente da essa, come un SMS o un codice inviato a un’applicazione sullo smartphone). Ma questo metodo non può essere applicato a tutti i servizi online (dove complica e allunga inutilmente il processo di autenticazione), e comunque non rende trascurabile la sicurezza della password principale (se il gestore di un servizio ha messo due cancelli prima dell’ingresso, non sembra una buona idea che uno dei due si apra con un passepartout!). La soluzione migliore, almeno per me, è l’utilizzo di un Password Manager, ossia un “portafoglio” virtuale che contenga tutte le proprie password e che sia a sua volta protetto da una password principale (ovviamente difficile da indovinare!). Ne esistono vari adatti allo scopo, con diverse caratteristiche: gratuiti e a pagamento, proprietari e open source, con e senza varie funzionalità aggiuntive (sincronizzazione dei dati online, compilazione automatica sui siti web, integrazione con i principali browser, generazione automatica di password casuali e sicure, eccetera). In passato ho utilizzato LastPass (con l’accattivante slogan “l’ultima password di cui avrai bisogno!“), che recentemente ha introdotto significative limitazioni agli account gratuiti, quindi sono passato a BitWarden (molto facilmente, grazie alle ottime funzionalità di esportazione e importazione dei dati tra un programma e l’altro). Valide alternative sono KeePass (per chi è particolarmente paranoico, mantiene le password – criptate – solo sul computer dell’utente) e 1Password (a pagamento, soluzione completa e adatta a situazioni lavorative).

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Come affrontare un disastro informatico (e uscirne anche bene)

Nel tardo pomeriggio dello scorso 31 gennaio, il noto sito GitLab (servizio che ospita progetti software) ha iniziato ad avere dei problemi, tra cui rallentamenti nel servizio e blocchi del sito. Non è una cosa che avviene di rado su Internet, ed è di solito dovuta a qualche tipo di attacco informatico. Quando succede, i gestori del servizio intervengono prontamente per individuare le cause del problema e ripristinare la piena funzionalità del sito web, e ciò è avvenuto anche nel caso di GitLab. La causa era, in questo caso, l’accesso contemporaneo allo stesso progetto da parte di 47mila indirizzi IP (in pratica, qualcuno stava usando GitLab come una specie di CDN, sovraccaricando la banca dati del sito).

In tarda serata, però, la cosa ha preso una piega surreale quando il sito, poco dopo essere tornato online, ha subìto un nuovo blocco, stavolta per “manutenzione d’emergenza del database”. Continua a leggere “Come affrontare un disastro informatico (e uscirne anche bene)”

Tecnologia che aiuta a rimettersi in forma

Un’altra estate si avvicina, e porta con sé l’ormai consueto terrore per la “prova costume”: i vestiti sempre più leggeri non ci aiuteranno più a coprire quei chiletti di troppo che abbiamo accumulato negli ultimi mesi… Non si tratta ovviamente solo di un problema estetico: chi come me ha superato i “trenta” sa benissimo che il benessere che solo pochi anni fa davamo per scontato (in termini di fiato, agilità, resistenza) diventa col tempo una conquista difficile da raggiungere e ancor più ardua da mantenere. Da questo punto di vista, ho osservato come le persone si dividano in due gruppi molto differenti: da una parte ci sono quelli che fanno del fitness una religione, frequentando palestre con assiduità, iniziando attività semi-professionistiche di cross-fit, body-building, running e così via, dall’altra parte invece si trovano quelli che fanno una fatica immane ad abbozzare qualsivoglia attività fisica, incollati alla scrivania o al sedile dell’automobile dai propri impegni di lavoro e non. Pur provando enorme invidia per gli appartenenti al primo gruppo, io (così come molti miei coetanei) appartengo sicuramente al secondo. Certo, non a quella parte che ha già gettato la spugna, ma resta il fatto che per me iniziare (e soprattutto mantenere nel tempo) un’attività fisica resta una sfida non da poco. Per aiutarmi a vincerla, quindi, meglio ricorrere a tutti i mezzi (leciti!) a disposizione, come l’incoraggiamento da parte di amici più disciplinati di me (ai quali mi aggrego per fare un po’ di sport in compagnia) e, perchè no, sfruttando tutti i mezzi che la moderna tecnologia mette a disposizione per agevolare il compito (dopo tutto, sono sempre un nerd!). In questo post, in particolare, voglio parlarvi di due espedienti che possono aiutare quelli come me a condurre una vita un po’ più sana e regolare e a fare un po’ di attività fisica in più: una funzionalità di Google Calendar recentemente introdotta e un “activity tracker” molto economico. Continua a leggere “Tecnologia che aiuta a rimettersi in forma”

Come ottenere fino a 5 GB di spazio in più su DropBox

Ricordate il cloud computing e l’utilità di mantenere una copia dei propri dati su un servizio di archiviazione in Internet? Ne parlavo in questo post. Sebbene l’archiviazione online non sia la soluzione a tutti i problemi di gestione dei nostri dati personali (e la vicenda MegaUpload degli ultimi giorni ce ne ha dato ulteriore conferma), resta comunque utile avere uno spazio online gratuito dove conservare dei dati (documenti, foto, filmati, ecc.) in sicurezza. Vi avevo parlato di DropBox, uno dei primi siti ad offrire questo tipo di servizio, e della sua iscrizione gratuita che permette di avere immediatamente 2 GB di spazio per l’archiviazione, la sincronizazione tra diversi computer e la condivisione dei propri file. Fino a quando si tratta di documenti (Word, Excel, Pdf) questo spazio è senz’altro adeguato, ma quando si inizia a uploadare anche le nostre foto, i nostri filmati, i nostri file audio, 2 GB fanno presto a diventare stretti.. Che fare, allora? Pagare per avere più spazio di archiviazione? Prima di farlo, almeno su DropBox, conviene esaminare i diversi modi che questo servizio dà agli utenti per aumentare gratuitamente il proprio spazio di archiviazione online. Continua a leggere “Come ottenere fino a 5 GB di spazio in più su DropBox”

Ubuntu in arrivo!

Come potete notare dal countdown qui a destra, mancano 15 giorni all’uscita della nuova versione di Ubuntu. Come da programma ufficiale, infatti, il 29 aprile sarà disponibile per il download il Sistema operativo Ubuntu 10.04 LTS (dove 10 e 04 sono, rispettivamente l’anno ed il mese di rilascio), nome in codice “Lucid Lynx” (che segue alfabeticamente le versioni aggettivo-animale Jaunty Jackalope e Karmic Koala). La sigla LTS sta per Long Time Support (supporto a lungo termine): come si vede nel grafico qui accanto, le versioni LTS escono ogni due anni (anzichè ogni 6 mesi) e garantiscono aggiornamenti costanti per 3 anni (anzichè i 18 mesi delle versioni intermedie). Insomma, l’appuntamento del prossimo 29 aprile è l’ideale per chi voglia tentare un primo approccio con il mondo Linux, senza i timori che tipicamente accompagnano chi ha sempre vissuto il computer in ambiente Windows.

I motivi per passare a Ubuntu sono innumerevoli: innanzitutto, si tratta di un sistema operativo completamente gratuito ed aperto, sviluppato da una comunità di persone preparate che, in tutto il mondo, usano il computer per lavoro, svago e passione. A differenza di altre versioni di Linux, poi, Ubuntu risulta estremamente facile da installare, configurare ed aggiornare, anche per gli utenti meno esperti. Scaricato il DVD di installazione, si può provare il nuovo sistema operativo senza apportare alcuna modifica al proprio PC (avviandolo in modalità “live”) o seguire la procedura di installazione. Dopo un periodo di spaesamento, il nuovo sistema mostrerà tutte le sue potenzialità: interfaccia grafica semplice e gradevole, suite di programmi preinstallati per le operazioni di tutti i giorni (elaborazione testi, fogli di calcolo, navigazione internet, editing di immagini), possibilità di installare un numero impressionante di programmi (ovviamente gratuiti) in maniera semplice, aggiornamento del sistema semplice ed efficiente (non bisogna neanche riavviare il computer, dopo!).
Purtroppo, sono molti anche i buoni motivi per non passare a Linux: problemi di configurazione per qualche periferica hardware (schede audio, stampanti, ecc..), necessità di usare dei programmi che funzionano solo su Mac e Win (come Photoshop o AutoCAD), impossibilità di installare la maggior parte dei videogiochi (anche se questo, per me, era uno dei motivi per passare a Linux..).
In realtà, molti di questi motivi si potrebbero superare facilmente: le incompatibilità sono ormai ridottissime, i programmi alternativi sostituiscono egregiamente tutti i software proprietari, grazie alla virtualizzazione dei sistemi operativi è semplicissimo eseguire Windows in una finestra di Ubuntu, i siti web specializzati contengono un’infinità di manuali, guide e forum per la risoluzione di qualsiasi problema (anche per gli utenti meno esperti).
Insomma, vale la pena almeno di provarlo: i meno esperti scopriranno che esiste una alternativa semplice ed efficiente all’utilizzo del computer, mentre i più “smanettoni” proveranno l’ebbrezza, finalmente, di avere il pieno controllo del proprio computer! Come si dice in questi casi: provare per credere..

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