Iniziando dal calendario di Google (disponibile sia sul web che come app per smartphone), di recente esso ha aggiunto una funzionalità chiamata “Obiettivi”. Fissare un obiettivo nel proprio calendario permette di impostare un’attività meno vincolante rispetto agli impegni di lavoro o agli appuntamenti, ma che si intende mantenere con una certa frequenza. Si può, ad esempio, impostare l’obiettivo di andare a correre una volta a settimana, preferibilmente il lunedì alle 19 (dopo il lavoro). Google fisserà questo appuntamento per le settimane a venire, in modo flessibile e compatibile con gli altri appuntamenti o eventi impostati: per esempio, se lunedì prossimo ho un appuntamento di lavoro che finisce alle 19:30, la corsa verrà automaticamente spostata (per esempio al giorno seguente). All’avvicinarsi del momento fissato, poi, il calendario mi ricorderà di andare a correre, chiedendomi poi se l’ho fatto o se intendo rimandare a un altro giorno. Utilizzando tecniche di “machine learning“, l’applicazione dovrebbe poi col tempo imparare dalle mie abitudini e fissare la corsa nel momento della settimana in cui sono più disponibile (o disposto) a realizzare il mio obiettivo (non ho ancora sperimentato a sufficienza l’algoritmo per testimoniare se funzioni bene o meno…).
Per tracciare l’andamento dell’attività fisica e i progressi nel tempo, esistono poi numerose applicazioni per smartphone adatte allo scopo: la più celebre è sicuramente Runtastic, che permette di registrare un allenamento tracciando (tramite il localizzatore GPS del telefono) il percorso, la velocità, le variazioni di altitudine. Ci sono poi molte altre app dedicate al fitness, ciascuna con le sue peculiarità, come Fit di Google (che si focalizza sul tracciamento nel tempo dell’attività e del peso, per monitorare i progressi) e S Health di Samsung (che sfrutta i vari sensori presenti negli smartphone oltre al GPS, come l’accelerometro e il misuratore del battito cardiaco). Tutte queste applicazioni hanno in comune il fatto di tenere traccia di tutto quanto l’utente registra manualmente, senza la possibilità di rilevare automaticamente le attività svolte. Da questo punto la tecnologia è venuta incontro ai più pigri sviluppando dei dispositivi ulteriori (i cosiddetti “indossabili” o “wearable“) capaci di rilevare in autonomia alcune attività fisiche.
L’activity tracker di cui vi parlo rientra proprio in questa categoria: si chiama Xiaomi MiBand, ha l’aspetto di un semplice braccialetto di gomma, ma è in realtà un accelerometro dotato di trasmettitore bluetooth low-energy, di vibrazione e di tre led luminosi (alcuni modelli sono dotati anche di misuratore del battito cardiaco, ma pare che non sia particolarmente preciso). Acquistandolo (si trova facilmente su Amazon per meno di 20 euro) e scaricando la relativa applicazione, si potrà quindi indossare un dispositivo che, senza il bisogno di alcun intervento da parte dell’utente, inizierà a registrare il numero di passi che facciamo durante la giornata e il numero di ore di riposo notturne (compresa una distinzione tra sonno leggero e sonno pesante, basata sui movimenti effettuati). La vibrazione si attiverà ogni volta che raggiungiamo il numero di passi giornalieri prefissato come obiettivo, e può essere configurata per attivarsi alla ricezione di una chiamata, mail o messaggio. E’ inoltre disponibile una funzione di sveglia che, fissata ad esempio alle 7:30 del mattino, si attiva mezz’ora prima (quindi alle 7:00) per iniziare a vibrare non appena entriamo in una fase di sonno leggero: in questo modo, si migliora la qualità del proprio sonno (non interrompendolo quando è più pesante), si recupera qualche minuto al mattino (sempre utile per i ritardatari) e si può impostare una sveglia che vibra senza suonare (evitando così di svegliare eventuali coinquilini). Che dire, con una tale quantità di funzioni a un costo così esiguo, da oggi i pigri non avranno più scuse: ed ora, corriamo tutti a rimetterci in forma per l’estate!