Dei mille modi in cui ci hanno raccontato la tragedia del Titanic (il transatlantico affondato da un iceberg nel 1912, sulla rotta tra Southampton e New York), come il celeberrimo film di James Cameron che nel 1997 consacrò Leonardo Di Caprio come sex symbol (con gran gioia delle mie compagne di classe, che al cinema scoppiavano in lacrime al momento dell’affondamento del loro eroe…), il mio preferito è sempre stato di gran lunga la cosiddetta “trilogia del Titanic”, ovvero le tre canzoni con le quali il principe dei cantautori italiani, Francesco De Gregori, raccontava questa storia nell’album “Titanic“, del 1982.
Si tratta di tre canzoni consecutive che raccontano una storia sola, per bocca di alcuni anonimi protagonisti della vicenda, in bilico tra le storie personali di questi personaggi (ciascuno con le sue speranze e le sue paure) e la metafora di un’immensa nave (la società) che trasporta moltitudini di persone diverse verso un futuro all’insegna dell’ottimismo, guidata da un capitano che infonde continuamente fiducia e ottimismo (perchè le straordinarie conquiste tecnologiche non possono che portare verso un mondo migliore) e non si accorge che, invece, si sta andando inesorabilmente incontro ad una tragedia inevitabile, per la quale si è impreparati. L’unica soluzione, per il capitano, resta quella di negare l’evidenza fino alla fine.. Qualcuno ha notato l’attualità della storia?!? 🙂
La trilogia inizia con la canzone “L’abbigliamento di un fuochista”: alla partenza del transatlantico, una madre saluta il figlio fuochista che sta per imbarcarsi per lavorare alle caldaie durante il viaggio. E’ un lavoro duro e mal retribuito, tutto il tempo sotto il livello del mare a spalare carbone, e il ragazzo viene messo in guardia contro le insidie che lo aspettano.. ma lui non fa una piega, e si dirige tranquillo verso la “nera nera nave che, mi dicono, non può affondare“:
Il secondo capitolo, quello riguardante il viaggio, è anche la canzone più famosa delle tre: “Titanic“, infatti, non può mancare a nessun concerto di De Gregori. In questa canzone si racconta di un viaggio tranquillo, pieno di divertimento e di speranze, sia per le ragazze della prima classe (che vanno in America a cercare marito) che per i ragazzi delle terza classe (che ci vanno spinti dalla fame):
La terza è ultima canzone della trilogia è “I muscoli del capitano“, che racconta dell’impatto con l’iceberg e del conseguente affondamento. In questa canzone, il capitano della nave (con la quale si identifica) tesse le lodi del suo gioiello tecnologico. Splendidi i versi in stile futurista:
“La nave è fulmine, torpedine, miccia / scintillante bellezza, fosforo e fantasia / molecole d’acciaio, pistone, rabbia, / guerra, lampo e poesia / E in questa notte elettrica e veloce / in questa croce di novecento / il futuro è una palla di cannone accesa / e noi lo stiamo quasi raggiungendo“
Quando un mozzo cerca di avvertirlo dell’imminente tragedia, il capitano lo esorta a star tranquillo e nega l’evidenza: bisogna andare avanti, non può succederci niente…
Ciao