La notizia di questi giorni, sul web, è stata l’annuncio del nuovo servizio “social” di Google, chiamato Google+. Chi segue le dinamiche delle aziende che operano su internet ha accolto questo lancio con grande entusiasmo, identificandolo con la tanto attesa risposta di Google all’irrefrenabile espansione di Facebook. Sin dalla sua nascita, ad opera degli studenti Larry Page e Sergey Brin nel 1997, Google ha sempre rappresentato il prototipo di società innovativa, capace di usare le tecnologie più avanzate per fornire un’esperienza di navigazione più ricca per tutti. Il motore di ricerca, che ha rapidamente scalzato l’allora monopolista Yahoo! usando un’interfaccia minimale e algoritmi estremamente complessi, rappresenta solo una delle applicazioni online di Google: la società, infatti, permette ai suoi utenti di consultare delle mappe dettagliate di tutto il globo, fino alle foto fatte per strada dalla Google Car (Google Maps), di pubblicare siti web (Google Sites), blog (Blogger), video (YouTube) album fotografici (Picasa), annunci pubblicitari propri e di terzi (AdWords e AdSense), di navigare su internet (con il browser Chrome), di gestire la posta elettronica (GMail), di gestire documenti di testo, fogli di lavoro, disegni, presentazioni, moduli (Google Documenti), di gestire ed analizzare il traffico sui siti web (Analytics), ed altro ancora.
In pratica, quindi, tutto ciò che si può fare online può essere fatto tramite un servizio di Google, che ha quasi sempre trasformato in successo ogni nuova applicazione lanciata, resistendo dall’altra parte agli attacchi delle altre società che hanno provato a rosicchiarne fette di mercato (come Microsoft, che ha lanciato un proprio motore di ricerca chiamato Bing). Solo in un campo Google non è ancora riuscito a far breccia, e non si tratta di un campo secondario: si parla infatti del web sociale, ovvero di tutte quelle applicazioni che servono a condividere più o meno pubblicamente informazioni e contenuti personali. Negli ultimi anni i tentativi sono stati molti (da Orkut, social network che ha attecchito solo in Brasile, a Buzz, un social network legato a GMail, fino a Wave, che voleva essere un modo di reinventare l’email in chiave social e multimediale). Tutti tentativi andati a finire male, mentre il concorrente principale, Facebook, si estendeva a velocità sorprendenti diventando rapidamente il dominatore incontrastato di questo mercato. E non si tratta certo di un mercato di nicchia, visto che si occupa di gestire le informazioni personali e le abitudini di miliardi di utenti: informazioni che valgono un mucchio di quattrini. Queste società, infatti, non offrono tutti questi servizi gratuitamente per altruismo: mentre offrono gratis dei servizi ai propri utenti, infatti, ne acquisiscono le informazioni personali (abitudini, preferenze, statistiche), che rivendono a caro prezzo ai propri clienti, cioè a società che possono sfruttare tali informazioni per migliorare i propri prodotti e creare campagne pubblicitarie sempre più mirate.
Non è una cosa necessariamente negativa, uno spionaggio alla Grande Fratello di Orwell: gli utenti ottengono dei servizi utili, ed in più vengono loro proposti degli annunci pubblicitari mirati. Finchè tali informazioni sono raccolte con la consapevolezza dell’utente, sono selezionate solo da algoritmi automatizzati e sono custodite con la dovuta cura, si tratta di un processo virtuoso, in cui tutti ci guadagnano qualcosa. Ed è per questo che presto potremo accogliere Google+ come un servizio utile, che ci permetterà di condividere delle informazioni con tutte e sole le persone che desideriamo (identificate dal concetto di “cerchia” di amici piuttosto che dal generico “amico” che si usa su Facebook), di ottenere spunti da condividere selezionati da Google in base agli interessi espressi da quella particolare cerchia, di incontrarsi in videochat multiutente per chiacchierare del più e del meno… Sempre che questo ennesimo tentativo di Google prenda piede!
Internet? Sempre + Google!
Che palle questo Google + !