Nei miei post che parlavano di Mantova, la città che mi ospita e che sto scoprendo poco a poco, vi avevo promesso di approfondire alcune storie sui personaggi importanti legati a questa città: dall’architetto Leon Battista Alberti al pittore Andrea Mantegna, dal pilota Tazio Nuvolari al musicista Claudio Monteverdi, passando per il poeta latino Virgilio. Ed è proprio da quest’ultimo che voglio cominciare a mantenere la mia promessa: la città di Mantova, infatti, è talmente legata alla sua figura da essere spesso indicata come “la città virgiliana”. Qui infatti, nel 70 a.C., nacque Publio Virgilio Marone, come testimonia l’epigrafe scolpita sulla sua tomba:
Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope
ovvero “Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, mi tiene ora Napoli“. Il fatto di essere nato a Mantova e di essere stato rapito dalla Calabria, in particolare, mi ha fatto subito sentire di avere qualche similitudine col poeta, visto che la mia storia, finora, e’ stata esattamente speculare: io sono nato in Calabria, e ad un certo punto della mia vita mi sono trasferito a Mantova. Ad un’analisi più attenta dell’iscrizione (che si trova a Napoli, luogo della sepoltura), però, si evince subito che la mia interpretazione richiede un pò troppe licenze poetiche: innanzitutto perchè il luogo effettivo di nascita non è Mantova, ma il vicinissimo borgo di Andes (che oggi si chiama, non a caso, Virgilio); poi perchè il “rapuere” si riferisce alla tragica ed improvvisa fine del poeta, morto mentre tornava in nave da un viaggio in Grecia; infine (ma questa è la differenza più grande) perchè “Calabri” non si riferisce affatto alla Calabria: la morte avvenne infatti nei pressi di Brindisi, nel Salento, che all’epoca era chiamato Calabria (come ho già scritto in un altro post, l’odierna Calabria era in antichità chiamata Italia).
Detto questo, e svanita ogni mia minima pretesa di paragonarmi a Virgilio, ci tengo a ricordare l’importanza di questo personaggio non solo per la letteratura latina, ma anche per tutta la cultura italiana dei secoli successivi: dopo aver scritto le Bucoliche e le Georgiche, Virgilio si dedicò all’opera più importante di tutta la latinità, quella che doveva consacrare l’impero di Augusto come potenza culturale oltre che militare: l’Eneide. In questo poema, ispirato alle opere di Omero (l’Iliade e l’Odissea), si descrive un ideale passaggio di testimone tra la cultura greca e quella romana, per mezzo di Enea, un profugo della città di Troia che fuggendo dalla guerra naviga nel Mediterraneo fino ad arrivare in Italia, dove getterà le basi per la nascita di Roma (fosse successo oggi, sarebbe stato perseguitato come clandestino…).
In realtà, l’Eneide non sarebbe proprio finita: Virgilio morì infatti prima di averla corretta completamente, ed essendo un perfezionista non da poco aveva anche lasciato scritto sul proprio testamento di distruggere il manoscritto incompleto. Il suo amico Vario Rufo, però, non ebbe il cuore di compiere questo gesto, e per ordine dell’imperatore Augusto in persona, l’opera fu pubblicata ugualmente (con buona pace di milioni di studenti dei licei, che ora sanno con chi prendersela). Per Virgilio, invece, il mancato rispetto delle sue ultime volontà significò la consacrazione ad un successo che non si è mai interrotto: ancora oggi, qui a Mantova, l’Accademia Nazionale Virgiliana ha lo specifico compito di approfondire la conoscenza su Virgilio e sulle sue opere. Non a caso, tredici secoli dopo, Dante scelse proprio Virgilio come vate, maestro e guida nella Divina Commedia.
ma questa epigrafe, nella tomba di Virgilio, da chi è stata realmente scritta?
grazie!
fabio
Ciao Fabio! L’autore del distico sulla tomba di Virglio non è noto, per quanto ne sappia io.. Se dovessi fare un’ipotesi, punterei sui due amici fraterni e compagni di studi del poeta, Plozio Tucca e Lucio Vario Rufo. Furono loro a raccogliere l’eredità di Virgilio dopo la sua morte, compresi i manoscritti dell’Eneide e la volontà esplicita di distruggerli (e sappiamo come andò a finire..)
Peccato che la tua traduzione dal latino non sia corretta:
Calabri rapuere: morì nell’attuale Puglia meridionale, il Salento, all’epoca chiamata Calabria, e precisamente a Brundisium (Brindisi) (vedi anche Wikipedia e tutti i site di referenza)
Ciao Michele, l’articolo dice esattamente quello che dici tu (subito dopo la traduzione “letterale”). Grazie comunque per il contributo!
Commento straordinario e chiarissimo, intriso di una gradevole vena di simpatia. Complimenti !
Grazie mille, Agostino!