Regole…

Prima regola del perfetto blogger: non abbandonare MAI il tuo blog.

Seconda regola del perfetto blogger: chiunque enuncia la Prima regola, la violerà puntualmente.

…speriamo di trovare presto il tempo di tornare a scrivere un po’ qui! 🙂 A presto

Fuori come un balcone…

Alla fine siamo fuori, e per giunta al primo turno, come non accadeva da molto tempo. E per di più (ed è l’aspetto peggiore), siamo fuori esclusivamente per demerito nostro.. Stavolta non ci sono scuse: gli arbitri non ci hanno fatto sgambetti, le avversarie erano alquanto modeste, delle altre contendenti nessuna brillava per straordinario stato di forma (tant’è vero che anche l’altra finalista del 2006, la Francia, è uscita al primo turno in evidente crisi di nervi) e la sfortuna non si è certo accanita contro gli Azzurri. Se siamo fuori lo dobbiamo solamente a noi. I processi pubblici alla Nazionale sono già iniziati (sono gli unici processi che sembrano poter essere istituiti nel Bel Paese, ormai..), e da scarso conoscitore del mondo del calcio non me la sento proprio di aggiungermi agli inquisitori: potrei produrmi solo in affermazioni scontate, trite e ritrite, senza le conoscenze tecniche e tattiche necessarie a loro supporto. Posso però notare come molti analisti stiano cercando, in questi giorni, di usare la crisi del calcio italiano come metafora della crisi di un intero paese. Continua a leggere “Fuori come un balcone…”

Papere mondiali (in salsa petrolio)

Finalmente sono arrivati! Abbiamo dovuto aspettare 4 anni (4 anni bellissimi, da detentori del titolo, a chiederci “tu dov’eri la sera del 9 luglio?”), ma alla fine l’evento che riunisce l’Italia (leghisti a parte) è arrivato: sono iniziati i Mondiali di Calcio! Quale migliore occasione per riunirci tutti sotto il segno del tricolore, ad ammirare undici ragazzi che indipendentemente dalla loro provenienza geografica o dal loro stipendio da calciatori (comunque sempre al di sopra della media del lavoratore italiano della stessa età) danno il massimo per dare lustro alla nostra nazione? Sì, ci sarebbero quelle celebrazioni tipo il 2 giugno o il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.. ma vuoi mettere la comodità di guardare una partita in salotto con gli amici? 🙂


Consola sapere che non siamo l’unico popolo che va pazzo per questa manifestazione, visto l’interesse che i Mondiali del Sudafrica riscuotono su tutti i media dell’intero globo: basti pensare che Google ha associato delle funzioni speciali alla pagina dei risultati relativa alle ricerche “mondiali 2010” e simili (con i risultati delle partite e l’elenco delle pagine di ricerca, normalmente “Goooooooooogle!” mutato in “Gooooooooooal!”), mentre Twitter ha approntato per l’occasione una pagina che raccoglie tutti i tweet, in tempo reale, riguardanti le squadre e le partite del mondiale. E così, in pochi giorni, ho visto le tensioni tra Stati Uniti e Gran Bretagna, causate dall’immane disastro ambientale che la Piattaforma della British Petroil ha provocato alle coste della Louisiana, ridimensionarsi alla rivalità sportiva relativa alla partita di calcio USA-GB, sciogliersi in una risata alla papera del portiere Green che ha regalato il pareggio agli statunitensi, e consolarsi alle critiche dei britannici nei confronti del loro coach, l’italiano Fabio Capello. E pensare che era solo qualche giorno fa che il presidente Obama (un tipo tutt’altro che irascibile) dichiarava “Sto parlando con tutti, compresa la BP, per capire chi è che devo prendere a calci nel sedere.. In effetti fa bene ironizzare sul dramma per esorcizzarlo (e per mantenere viva l’attenzione su quali danni l’incompetenza di certa gente che pensa solamente al proprio profitto può causare..): indimenticabile il video-parodia di un gruppo di comici americani, guardatelo! Vale la pena, è una di quelle cose che ti fanno ridere mentre rifletti..
Poi, dopo aver riflettuto bene, passate ai preparativi per la partita di stasera, l’esordio degli Azzurri: birra, snack, rutto libero e, dopo tanti anni, il ritorno di un amico che ci aveva lasciato suo malgrado: il grido “Forza Italia!”

The Terminal

Ricordate il film con Tom Hanks in cui il protagonista rimaneva intrappolato per mesi in aeroporto a causa di un disguido burocratico? Questo fine settimana ho scoperto (sulla mia pelle) che tutto questo e’ possibile.. Tutto e’ iniziato quando ho deciso di passare un fine settimana a Venezia: visto l’isolamento della Calabria col resto del mondo, il modo migliore per non impiegare tutto il weekend per arrivarci sembrava proprio l’aeroplano. Ed infatti, il sito dell’Alitalia era pieno di voli tra Lamezia Terme e Venezia, con scalo a Roma Fiumicino. Certo, non sono dei low cost, ma vuoi mettere la comodità di partire sabato mattina dalla Calabria e di tornare domenica sera? E così, non senza difficoltà (visto che il sito di Alitalia funziona spesso a singhiozzo), ho prenotato il mio biglietto online. Ovviamente, conoscendo lo stato del sistema dei trasporti (non solo aerei) in Italia, ho prenotato i voli in modo da avere un’ora di tempo per il cambio di aereo a Fiumicino, mi sembrava un tempo ragionevole! E in effetti, il cambio all’andata l’ho effettuato con tutta la tranquillità possibile.. Almeno finchè non sono salito sull’aereo per Venezia! Infatti, il comandante del volo ci ha subito avvisati che “a causa del maltempo le partenze sono lievemente ritardate”. Altro che lievemente: sulla pista c’era una fila di aeroplani talmente lunga che sembrava di essere ad un casello autostradale.. Fatta la nostra bella fila (20 minuti circa), arriva la prima sorpresa: il capitano dice “Abbiamo un problema tecnico ad una spia dell’impianto idraulico, torniamo al parcheggio”. L’aereo esce dalla fila, torna al parcheggio e dopo avere aspettato altri 20 minuti il tecnico (che sia venuto anche lui con l’aereo?), il problema viene risolto e si torna in fila. Passano ulteriori 20 minuti d’attesa per riprendere il nostro posto sulla pista di decollo, e quando siamo quasi arrivati.. colpo di scena!

Il comandante riprende la parola: “Sono sempre io, purtroppo si è ripresentato il problema al sistema idraulico.. Dovrete scendere e cambiare aereo”. Purtroppo non ci sono parole per descrivere la faccia dei molti turisti stranieri che quella mattina si erano preparati a visitare la Laguna ed invece si eranto trovati chiusi per tre ore su un aereo di linea.. ma vi assicuro che era tutto un programma! La compagnia di bandiera dovrebbe rappresentare l’intero Paese.. che figura ci facciamo se questa compagnia fa dell’inefficienza la propria bandiera??? Non c’è da sorprendersi se poi la gente, tornata in patria, si lamenta anche in modo plateale! Comunque, alla fine, sono arrivato a destinazione.. Ci sono volute quattro ore in piu’ del previsto (e Alitalia afferma che non e’ previsto alcun rimborso per ritardi inferiori alle 5 ore, guarda caso..), ma sono arrivato a destinazione, e mi sono goduto il mio weekend.
L’indomani, come previsto, mi sono recato all’aeroporto Marco Polo di Venezia per il mio viaggio di ritorno. Ero molto tranquillo, perchè il tempo era buono e quindi non mi aspettavo di trovare inconvenienti come all’andata. E invece.. Al mio arrivo l’aereo porta gia’ mezz’ora di ritardo! Meno male che ho prenotato la coincidenza con un ampio margine, mi dico, e salgo sull’aereo insieme ai miei compagni di sventura viaggio. Il capitano, come sempre, si giustifica (pover’uomo, che lavoro umiliante che dev’essere il suo!): “Scusate per il ritardo, ma abbiamo avuto diversi problemi.. Ci sono dei lavori all’aeroporto di Venezia [ma te ne sei accorto adesso? pianificano dei lavori e non dicono niente alle compagnie??], abbiamo dovuto sostituire l’aeromobile all’ultimo minuto per un guasto [nooo.. di nuovo?!?] e non possiamo partire se non ci arrivano i documenti di questo aereo [ma perchè, i documenti degli aerei non li tenete insieme agli aerei???]. A questo punto, devo confessarlo, ho avuto un lieve moto d’ira verso l’Alitalia: un disguido può essere una casualità, due disguidi possono essere sfortuna, ma se ti capitano tre disguidi in due giorni si tratta certamente di incompetenza!!!
Alla fine, il volo è partito giusto in tempo per atterrare a Roma 5 minuti dopo la partenza della coincidenza per Lamezia. Il mio stato d’animo non era un granchè, ed ho chiesto all’assistente di volo cosa potessi fare all’arrivo per risolvere il mio problema. Lui, inaspettatamente, mi ha tranquillizzato: è andato a controllare in cabina ed è tornato, sorridente, dicendomi “Abbiamo chiesto via radio, ed il volo per Lamezia non risulta ancora nemmeno in fase di imbarco: sicuramente è in ritardo, riuscirai a prenderlo”. Ma certo! Come ho fatto a non pensarci? L’unica soluzione ad un aereo in ritardo è che anche il volo successivo parta in ritardo! Mitica Alitalia, chi l’avrebbe detto che l’applicazione sistematica del ritardo ai voli potesse essere un sistema perfetto e bilanciato? Potete immaginare la mia gioia nell’atterrare a Roma e nel dirigermi all’imbarco stabilito per Lamezia Terme.. L’avete immaginata? Bene, allora adesso immaginate pure la mia delusione nel vedere la signorina dell’Alitalia che chiude l’imbarco davanti ai miei occhi e mi dice che l’aereo è appena partito.. Niente da fare: ho dovuto rassegnarmi ed aspettare il volo successivo, un’ora e mezzo dopo.
Che dire, se ho imparato qualcosa è che in Alitalia le coincidenze vengono prese alla lettera: riuscire a prendere due voli consecutivi, infatti, può essere solo il risultato di una pura e semplice coincidenza!

Man on the Moon

Il titolo di questo post l’ho copiato del bellissimo film con Jim Carrey del 1999 sulla vita del comico americano Andy Kaufman, che prese il titolo, a sua volta, dalla splendida canzone dei REM del 1992, sempre dedicata a Kaufman. Il ritornello della canzone dice: “If you believed they put a man on the moon..”, ovvero “Se hai creduto che un uomo sia arrivato sulla luna..”, usando questo evento (lo sbarco dell’uomo sulla luna) come esempio di racconto a cui risulta difficile, se non impossibile, credere (esattamente come erano assurde tutte le scenette comiche che Kaufman rappresentava in tv). E in effetti, sebbene l’intera umanità abbia potuto assistere all’evento in diretta televisiva, sono ancora in molti a nutrire e diffondere dubbi sulla veridicità di quel fatto storico di cui lo scorso luglio si è festeggiato il quarantennale. Dubbi più che legittimi, visto che si parla di un’impresa che ha dell’incredibile: portare 3 uomini in orbita terrestre, spingerli in orbita lunare, farne scendere due sul satellite con un veicolo minuscolo ma capace di ripartire dalla Luna e riagganciarsi al veicolo principale che li riporti sani e salvi sulla terra… Nessuno dotato di un minimo di senso della realtà potrebbe credere ad un racconto del genere, soprattutto se questo racconto risalisse alla fine degli anni ’60, in cui non si avevano a disposizione molte delle tecnologie che oggi usiamo quotidianamente e ci rendono tutto più facile! Non senza delle prove concrete, per lo meno.. E le immagini televisive sgranate che ci mostrano di solito riguardo all’evento, in effetti, non sono così inoppugnabili come prove.
Negli ultimi anni internet ha dato la possibilità a tutti di esprimere liberamente i propri dubbi al riguardo.. l’altra faccia della medaglia è che ora qualunque squilibrato può proporre la propria teoria bislacca e ritrovarsi con un folto seguito di sostenitori convinti dal fascino del complotto! Purtroppo, anche alcuni esponenti dei media tradizionali (che dovrebbero essere più avveduti dell’utente medio) si lasciano convincere da tesi quantomeno sospette senza alcuno spirito criticoverifica seria delle fonti, solo per soddisfare la sete di scoop del proprio pubblico.. L’effetto collaterale è un circolo vizioso, in cui fonti autorevoli danno credito a fonti non autorevoli, conferendo autorevolezza in maniera acritica: se la catena si allunga (per esempio, se Corriere.it ripubblica un trafiletto dell’Espresso, che si rifà ad un articolo del Times, che recensiva un libro scritto da un tizio che ha imbastito un’indagine semiseria a partire da un commento su un blog.. non guardatemi così: queste cose succedono davvero!), si rischia di mettere in giro informazioni assurde rendendo impossibile la verifica delle fonti a chiunque volesse semplicemente ricostruire la verità dei fatti.
Con gli sbarchi lunari, le cose sono andate esattamente così: a distanza di anni, e con l’affievolirsi delle convinzioni dell’opinione pubblica (ormai composta da una maggioranza di persone che non hanno vissuto l’evento direttamente), le tesi del complotto hanno cominciato a diffondersi tra la gente, prima su rari libri da bancarella, poi su internet, fino ad arrivare sulle reti televisive nazionali. Per fortuna, esiste anche una folta schiera di persone che ha a cuore la verità dei fatti, e cercando di mettere da parte qualunque pregiudizio e posizione di principio usa il materiale migliore che si possa trovare (e su internet ce n’è davvero tanto) per dare il giusto peso alle teorie proposte in rete e smontare quelle che vengono proposte in maniera maliziosa e fuorviante ad un pubblico troppo poco informato. Queste persone sono definite debunkers (“demistificatori”, “smascheratori”), ed uno di loro, Paolo Attivissimo, ha fatto dell’analisi delle tesi di complotto lunare un bellissimo libro (scaricabile gratuitamente), che ho letto ultimamente con molto piacere: “Luna? Sì, ci siamo andati”. Sfogliandone le pagine (anche in formato elettronico..) non solo ho trovato la spiegazione razionale e scientifica di tutti quei “misteri” che vengono spesso riproposti dai vari media (dalle anomalie delle foto scattate sulla luna alle presunte impossibilità tecnologiche legate all’impresa), ma ho anche avuto modo di scoprire un numero impressionante di dettagli tecnici, di retroscena e di curiosità legate all’impresa più stupefacente che l’Uomo abbia portato a termine nel secolo passato.. Un’impresa che ha dell’incredibile, ma che proprio per questo merita di essere celebrata e conosciuta da tutti per quello che effettivamente è: la dimostrazione tangibile delle infinite possibilità che la scienza, la natura e l’intelligenza umana possono realizzare con l’aiuto della tecnologia. Da leggere assolutamente!

Cuore di Tenebra

Ho da poco finito di leggere Cuore di tenebra, il bellissimo (e breve) romanzo di Joseph Conrad che racconta le avventure dei colonialisti europei che si addentrano nel cuore del continente africano alla ricerca di avorio. Non sto a raccontarvi i particolari della trama e dei significati che si celano dietro al romanzo, per questo c’è l’ottima Wikipedia, ma vale la pena di notare come questo racconto del 1899 sia alla base di un capolavoro del cinema moderno come Apocalypse Now. Questo film, pur ambientato in Vietnam, riprende molto del romanzo di Conrad, specialmente il personaggio di Kurtz (un maldestro ma indimenticabile tentativo di effettuare un parallelo tra le due storie lo ricordo nel film Paz… le risate sono assicurate!). Ma la cosa che piu’ mi ha colpito non riguarda il contenuto del romanzo, bensì la forma con cui è scritto. Per narrare la storia degli uomini che si addentrano fin nel cuore della tenebra, in un viaggio che sembra a ritroso nel tempo, fino a scoprire l’orrore che è presente nel loro stesso animo, Conrad si affida alle parole di un marinaio, Marlow, che rivive tutta la storia come un lontano ricordo. E’ stupefacente come le migliori metafore della vita umana ruotino tutte intorno ai concetti di mare e navigazione: leggendo romanzi come Oceano mare di Baricco o ascoltando canzoni come Titanic di De Gregori, chiunque si sente coinvolto con la storia in maniera estremamente naturale, e sentir parlare di “viaggio“, “deriva“, “tempesta“, “naufragio“, “bussola“, ecc. richiama inevitabilmente le vicende di tutti i giorni, vissute da ognuno di noi. E’ questo il motivo per cui Conrad mette in bocca a Marlow frasi del tipo:

Che buffonata la vita: questa misteriosa combinazione di logica impietosa per un futile scopo. Tutto quello che ci si può aspettare, è una qualche conoscenza di se stessi – che viene troppo tardi – e un mucchio di inestinguibili rimpianti.

Perchè alcuni concetti, detti da un marinaio, assumono un significato molto più profondo e vero.. Perchè in bocca a chi ha lottato contro le correnti, queste parole assumono molto più significato di un trattato di filosofia e ci sanno spiegare alla perfezione chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando. O almeno così ci pare mentre leggiamo Cuore di tenebra.. ed è per questo che ve lo consiglio 🙂 Buona lettura!

A qualcuno piace corto

Ovviamente, sto parlando dell’URL! L’Uniform Resource Locator, l’indirizzo delle pagine web (e non solo) che scriviamo nella barra del browser per visualizzare un contenuto in Internet. Questo indirizzo, che sta alla base dei link e quindi di tutta la struttura ad “ipertesto” di Internet, è ormai diventato un utilissimo compagno quotidiano per chi naviga in rete: “vai a vedere questo sito: url wikipedia“, “il mio profilo e’ url facebook” o “guarda un po’ questo video: url youtube” sono frasi molto comuni nei siti internet, in chat, nelle email, ed ormai anche nei discorsi di tutti i giorni! Sugli URL si potrebbe dire molto: dalla loro struttura (su cui lo stesso Tim Berners Lee ha avuto da ridire ultimamente) al loro valore commerciale (il dominio sex.com è stato venduto per 14 milioni di dollari nel 2006).
Anche se un URL del tipo https://marco.fotino.it/2010/04/ubuntu-in-arrivo.html è probabilmente più facile da ricordare di un numero telefonico, resta comunque qualcosa che non desidereremmo mai scrivere su una tastiera (ancor meno sulla tastiera di un telefonino, ora che internet si sta diffondendo sempre più sui dispositivi mobili). Inoltre, linkare una pagina web come

su un servizio come Twitter risulterebbe assai difficile (il servizio consente di postare 140 caratteri, l’URL è lungo 141). Cosa si fa in questi casi? Si ricorre ad un URL Shortener!

Il servizio di URL shortening consiste nel registrare un URL breve che redireziona all’indirizzo originario. Il primo servizio di questo tipo sul web è stato TinyUrl, subito adottato da Twitter per accorciare automaticamente gli indirizzi lunghi inseriti nei tweets. Al momento, Twitter è passato all’utilizzo di Bit.ly per offire la stessa funzionalità, e sta pianificando di aprire un servizio proprio per lo scopo. Google lo ha già fatto, ed i suoi servizi accorciano gli URL tramite il servizio Goo.gl. Lo stesso servizio per YouTube è realizzato da Youtu.be: se vogliamo accorciare l’indirizzo del video http://www.youtube.com/watch?v=FSRMDiJsf98, possiamo usare l’URL equivalente http://youtu.be/FSRMDiJsf98 (la chiave e’ quella visualizzata dopo “?v=” nell’indirizzo originario). Pur avendo un URL di base più lungo rispetto agli altri, TinyUrl offre qualche funzionalità in più: e’ possibile associare una chiave mnemonica all’URL accorciato (come http://tinyurl.com/short-twit) ed è possibile visualizzare un’anteprima della pagina di destinazione scrivendo, ad esempio, http://preview.tinyurl.com/short-twit sulla barra degli indirizzi. Quest’ultima caratteristica può essere molto utile, perchè spesso dietro ad un URL accorciato (e quindi irriconoscibile) si possono celare scherzi, siti inattesi o minacce per il proprio computer. Prima di cliccare su un URL accorciato, quindi, sarebbe utile conoscerne la destinazione: per la maggior parte degli indirizzi accorciati, questo e’ possibile attraverso un altro servizio web: KnowUrl.
In ogni caso, nonostante la sua indubbia utilità, la pratica dello URL shortening non dev’essere abusata: ricordate che usare le redirezioni comporta un raddoppio delle richieste web che fate (una per conoscere la destinazione ed un’altra per raggiungerla). Inoltre, anche un servizio come questo comporta ricadute sulla privacy del navigatore: gestire una mole enorme di URL significa anche poter tenere traccia della navigazione di molti utenti.. Siamo sicuri di voler affidare ad un sito qualsiasi le statistiche di accesso alle nostre pagine web?

Ubuntu in arrivo!

Come potete notare dal countdown qui a destra, mancano 15 giorni all’uscita della nuova versione di Ubuntu. Come da programma ufficiale, infatti, il 29 aprile sarà disponibile per il download il Sistema operativo Ubuntu 10.04 LTS (dove 10 e 04 sono, rispettivamente l’anno ed il mese di rilascio), nome in codice “Lucid Lynx” (che segue alfabeticamente le versioni aggettivo-animale Jaunty Jackalope e Karmic Koala). La sigla LTS sta per Long Time Support (supporto a lungo termine): come si vede nel grafico qui accanto, le versioni LTS escono ogni due anni (anzichè ogni 6 mesi) e garantiscono aggiornamenti costanti per 3 anni (anzichè i 18 mesi delle versioni intermedie). Insomma, l’appuntamento del prossimo 29 aprile è l’ideale per chi voglia tentare un primo approccio con il mondo Linux, senza i timori che tipicamente accompagnano chi ha sempre vissuto il computer in ambiente Windows.

I motivi per passare a Ubuntu sono innumerevoli: innanzitutto, si tratta di un sistema operativo completamente gratuito ed aperto, sviluppato da una comunità di persone preparate che, in tutto il mondo, usano il computer per lavoro, svago e passione. A differenza di altre versioni di Linux, poi, Ubuntu risulta estremamente facile da installare, configurare ed aggiornare, anche per gli utenti meno esperti. Scaricato il DVD di installazione, si può provare il nuovo sistema operativo senza apportare alcuna modifica al proprio PC (avviandolo in modalità “live”) o seguire la procedura di installazione. Dopo un periodo di spaesamento, il nuovo sistema mostrerà tutte le sue potenzialità: interfaccia grafica semplice e gradevole, suite di programmi preinstallati per le operazioni di tutti i giorni (elaborazione testi, fogli di calcolo, navigazione internet, editing di immagini), possibilità di installare un numero impressionante di programmi (ovviamente gratuiti) in maniera semplice, aggiornamento del sistema semplice ed efficiente (non bisogna neanche riavviare il computer, dopo!).
Purtroppo, sono molti anche i buoni motivi per non passare a Linux: problemi di configurazione per qualche periferica hardware (schede audio, stampanti, ecc..), necessità di usare dei programmi che funzionano solo su Mac e Win (come Photoshop o AutoCAD), impossibilità di installare la maggior parte dei videogiochi (anche se questo, per me, era uno dei motivi per passare a Linux..).
In realtà, molti di questi motivi si potrebbero superare facilmente: le incompatibilità sono ormai ridottissime, i programmi alternativi sostituiscono egregiamente tutti i software proprietari, grazie alla virtualizzazione dei sistemi operativi è semplicissimo eseguire Windows in una finestra di Ubuntu, i siti web specializzati contengono un’infinità di manuali, guide e forum per la risoluzione di qualsiasi problema (anche per gli utenti meno esperti).
Insomma, vale la pena almeno di provarlo: i meno esperti scopriranno che esiste una alternativa semplice ed efficiente all’utilizzo del computer, mentre i più “smanettoni” proveranno l’ebbrezza, finalmente, di avere il pieno controllo del proprio computer! Come si dice in questi casi: provare per credere..

La Privacy, questa sconosciuta..

Qualche giorno fa, facendo un giro su Facebook, mi sono imbattuto (abbastanza casualmente) nel messaggio che vedete in figura. Dico “casualmente” perchè il messaggio in questione non era notificato come nuovo messaggio, nè si trovava nella Posta in arrivo o simili.. Semplicemente era li’, senza recare disturbo agli utenti, per essere trovato solo da quelli interessati alle modifiche della Politica di Gestione della Privacy di Facebook. Sarebbe bello avere la stessa discrezione quando uno dei servizi a cui siamo iscritti ha qualche proposta commerciale per noi! E soprattutto sarebbe bello non scoprire che potevamo commentare le modifiche fino a due giorni prima.. 😀 Ad ogni modo, colgo l’occasione per fare qualche osservazione sulla gestione della nostra privacy su internet, che non fa mai male…

I principali servizi online di condivisione (Facebook innanzitutto, ma anche Google, youTube, Flickr ed altri) hanno dovuto affrontare con molta serietà l’argomento, grazie alla crescente attenzione da parte degli utenti più accorti e dei governi verso il rispetto della privacy dei cittadini. Certo, non sarebbe male se i governi stessi cercassero di applicare gli stessi principi, ad esempio quando devono installare i costosi, invasivi, imbarazzanti ed imperfetti body scanner negli aeroporti… Anche Google, che da anni cerca insistentemente di entrare nell’unico segmento web che non domina (con servizi quali Orkut, Wave e Buzz), ha recentemente sottoposto agli utenti di Buzz una schermata in cui chiedeva di accettare esplicitamente le liste degli utenti che seguono i nostri aggiornamenti.

Il problema principale, comunque, resta quello della consapevolezza degli utenti nell’uso dei Social Network, e pià in generale di Internet. Non c’e’ niente di male nell’uso della Rete per la condivisione di notizie, foto, messaggi e quant’altro, neanche quando questi contenuti rivelano qualcosa di noi stessi (come la pensiamo politicamente, dove lavoriamo, dove siamo stati in vacanza, eccetera…). Il problema sta nella condivisione inconsapevole di informazioni, e soprattutto nella mancata consapevolezza di chi potrà accedere a tali informazioni. Che Facebook sappia tutto di noi, e che usi le nostre informazioni per mandarci la pubblicità indirizzata a quelli come noi non è certo un segreto, altrimenti non si spiegherebbe come una società di quelle dimensioni possa mantenere tali servizi gratuiti e fatturare ugualmente miliardi di dollari ogni anno! Ma ci sono innumerevoli casi in cui l’uso sbagliato di Internet ha causato problemi vari (dal semplice imbarazzo fino a cose serie, come il licenziamento o il divorzio..) ad utenti incauti che condividevano delle informazioni riservate con qualche amico, rivelandole però anche a qualcuno che quelle informazioni non avrebbe dovuto averle.. E’ stupefacente la mole di informazioni che si possono trarre da ciò che condividiamo su Internet. Ad esempio, il sito provocatorio PleaseRobMe (“Per favore, derubatemi”) pubblica i dati di tutti coloro che hanno messo il proprio indirizzo su internet ed hanno appena twittato la frase “Leaving Home” (“Sto uscendo di casa”). Nient’altro che il classico pedinamento, adottato dai topi d’appartamento sin dall’alba dei tempi, ma reso piu’ semplice dalle tecnologie moderne e dalla condivisione inconsapevole delle informazioni sul Web. Curioso anche il caso della ragazza che ha inviato una propria foto su un sito dove gli utenti si immortalano in pose sexy col telefonino. Niente di scandaloso, tanto più che la ragazza in questione aveva avuto l’accortezza di coprirsi il volto.. Peccato che non avesse adottato la stessa accortezza nel disabilitare il GPS del proprio telefonino: l’analisi delle proprietà del file inviato (i cosiddetti dati EXIF della foto) rivelavano agli interessati la posizione esatta della casa della signorina..

Morale della favola: condividete pure tutto sui Social Network, ma almeno siate consapevoli di tutto ciò che condividete e di tutti quelli con cui lo state condividendo!

Come si scrive un blog?

Rieccomi qui, dopo un po’ (troppo).. E’ che in questi giorni, mi sono dedicato a completare le pagine del mio sito (lo avete visto? che ve ne pare?). Ora, sicuramente, il mio obiettivo sara’ quello di inserire su questo blog un po’ di contenuti.. notizie, idee, pensieri, riflessioni. Ma cominciamo dall’inizio: quale dovrebbe essere l’approccio corretto alla scrittura di un blog? Cosa ci si dovrebbe scrivere e cosa no? Quanto devono essere lunghi i post, e con quale frequenza vanno scritti? Come alcuni di voi sapranno, questo mio blog raccoglie l’eredità di Valencia e dintorni, il mio primo diario su Internet, e da quella esperienza ho sicuramente imparato qualcosa… Vediamo un po’ se riesco a condividere questa mia esperienza di blogger col resto del mondo 😉
Innanzitutto, la lunghezza dei post: un blog non e’ un giornale, e la pazienza dei lettori computerizzati e’ notoriamente inferiore a quella dei lettori cartacei! Un pratico espediente, che solo ora sto iniziando ad usare (forse, anche ad abusare) e’ quello di dividere i post in due parti: un sommario, da mostrare in home page, ed il resto dell’articolo da accedere tramite un apposito link (per la serie: “continua a leggere solo se sei interessato”).
Secondo punto: la formattazione: bisogna evitare assolutamente il “testo piano”, usare il grassetto ed il corsivo per evidenziare i concetti, servirsi il piu’ possibile di link per fonti ed approfondimenti.. L’occhio del lettore si muove velocemente sulla pagina web: spesso un articolo, prima di essere letto, viene “sfogliato” con una rapida occhiata (in cui il lettore si chiede: ho il tempo di leggerlo tutto? posso leggere direttamente l’informazione che mi serve, saltando il resto?). Anche per questo motivo, e’ molto importante che il post sia corredato da oggetti multimediali: se non video (che succhiano la banda e richiedono tempo per essere visti), almeno immagini: ogni post dovrebbe avere un’immagine esplicativa in testa, che per il lettore e’ importante quanto il titolo del post stesso!
Per quanto riguarda i contenuti, l’ideale sarebbe avere un tema, un filo conduttore che unisca tutti i post in modo coerente: solo cosi’ il lettore occasionale sarà invogliato a leggere qualcos’altro oltre a quello che Google, o un link da un altro sito, gli ha suggerito. Questo filo conduttore puo’ essere qualsiasi cosa: per un lungo periodo, ho scritto i miei post su Valencia e dintorni in due lingue: italiano e spagnolo, e questo ha portato (devo dire in maniera inaspettata) alcuni studenti di spagnolo a leggerli 🙂 A proposito di forma e contenuto, poi, chi è capace di scrivere in buono stile ha un’arma in piu’ dalla propria parte: puo’ catturare il lettore con le proprie capacità affabulatorie.

Ultimo punto (ma ce ne sarebbero anche altri..): la frequenza dei post. Anche il blog e’, a suo modo, un “periodico”, e chi lo legge (il “consumatore” di informazioni) ha bisogno di una certa regolarità nella “fornitura” di queste informazioni! Il post “in vigore” (l’ultimo scritto dall’autore), deve restare in cima all’elenco per il tempo sufficiente affinchè chi occasionalemente visita il blog lo legga; ma se il lettore occasionale trova sempre lo stesso post in cima al blog, egli sarà inconsciamente indotto a visitare il blog con minor frequenza! Il problema e’ meno grave se il lettore usa un lettore di feed (un programma che ti avvisa automaticamente quando vengono pubblicate delle novità su una pagina web di interesse), ma anche in questo caso la sindrome del “niente di nuovo sul fronte occidentale” potrebbe dare una deleteria idea di abbandono al blog. Se dovessi suggerire una regola generale, direi che un paio di post a settimana vanno benissimo!
Ora che ho scoperto le mie carte, vediamo un po’ se io stesso riesco a rispettare queste mie semplici regole (anche se gia’ questo post ne elude qualcuna..). Alla prossima!

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