M.C. Escher, l’inventore del selfie
Guardate l’immagine qui accanto, e ditemi se la prima parola che vi viene in mente non è “selfie”. La differenza con quelli che fate quotidianamente con i vostri smartphone è che questa è stata realizzata a mano, utilizzando una sfera riflettente, nel 1935. L’autore, Maurits Cornelis Escher (si pronuncia “èscer”, so che ve lo stavate chiedendo), ha utilizzato questo espediente per ritrarre su una superficie a due dimensioni uno spazio tridimensionale: ma non gli bastava, come succedeva dall’invenzione della prospettiva in poi, rappresentare la profondità su un piano, lui voleva andare oltre e mostrare, oltre a quello che aveva davanti agli occhi, anche ciò che si trovava dietro di sè (compreso se stesso). La riflessione deformante della sfera diventa quindi un espediente per includere nel soggetto dell’opera tutto l’ambiente circostante: le quattro pareti, il soffito, il pavimento e tutto ciò che si trova nella stanza. Un po’ come si fa nella realtà virtuale (quella di Google Street View o delle foto a 360°, o Photosphere), ma senza l’aiuto della tecnologia.
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