Questo non è un post letterario o cinematografico: nonostante il titolo sembri richiamare il grande successo letterario di Dan Brown (o la successiva trasposizione cinematografica di Ron Howard), l’argomento di oggi è il vero codice di Leonardo Da Vinci, il cosiddetto “Codice Atlantico”, che si trova più vicino di quanto molti di voi pensino (anzi, scommetto che ci siete passati diverse volte a pochi metri senza saperlo). Lo spunto mi è venuto dalla visita di una bellissima mostra, intitolata “Il mondo di Leonardo”, in piazza della Scala a Milano. La mostra (visitabile fino al 31 ottobre 2014) fa parte di una delle tante esibizioni portate in giro per il mondo per far conoscere il più grande genio italiano di tutti i tempi, e utilizza diverse tecniche interattive (modelli in scala, ricostruzioni in 3D, presentazioni, filmati) per illustrare gli oggetti disegnati da Leonardo durante la sua vita (dalle macchine volanti agli strumenti musicali, dalle opere di ingegneria civile alle macchine da guerra). Così, di fronte agli occhi del visitatore, si materializza un mondo fatto di animali meccanici, ponti mobili, clavicembali portatili, gru, pompe idrauliche, bombarde, sommergibili, eliche volanti, paracadute, e tanto altro ancora.
Ma che cos’è, e soprattutto dov’è, questo Codice Atlantico? E’ uno dei manoscritti scientifici (“codici”) lasciati da Leonardo: circa 4mila fogli in cui annotava tutte le sue idee (studi geometrici, anatomici e artistici, invenzioni, macchine, modelli…) sotto forma di disegni dettagliatissimi e di testo scritto al contrario (da destra verso sinistra, in modo da poter essere letto con uno specchio). Circa un quarto, 1.119 per la precisione, di questi fogli è raccolto nel Codice Atlantico, così chiamato per le grandi dimensioni delle sue pagine (64,5 x 43,5 cm, all’incirca come odierni fogli A2), che ricordano quelle degli atlanti. Atlante, inteso come raccolta di mappe cartografiche, è una delle tante parole che derivano dal mito greco di Atlante, un gigante che venne condannato da Zeus a sorreggere il mondo sulle sue spalle: per questo un volume che contiene le mappe del mondo è chiamato atlante, la vertebra che sostiene il cranio si chiama atlante, l’oceano che si trova oltre le colonne d’Ercole (dove un antico greco si sarebbe aspettato di imbattersi nel gigante) è detto oceano atlantico, l’isola leggendaria che doveva trovarsi in quell’oceano veniva chiamata Atlantide, la catena montuosa dell’Africa le cui cime sembrano toccare il cielo è denominata Atlante. L’elenco potrebbe continuare, ma sto divagando…
Torniamo a Leonardo: per vedere tutte le sue opere bisognerebbe girare il mondo intero, visto che si spostò moltissimo tra le corti italiane ed europee del Rinascimento (visse a Firenze, Milano, Roma, Venezia e anche alla corte di Isabella d’Este a Mantova). Il Codice Atlantico, ad esempio, si trova a due passi dal Duomo di Milano, nella Biblioteca Ambrosiana, che ne ha anche messo una buona parte consultabile online. Attualmente, alcuni fogli del codice sono esposti anche nella sacrestia del Bramante di Santa Maria delle Grazie (sempre in centro a Milano), dove si può visitare, inoltre, una delle opere più celebri di Leonardo: l’affresco dell’Ultima Cena. La particolarità di quest’opera, oltre alla splendida composizione di una delle scene più intense e drammatiche dei Vangeli, è che fu dipinta con una tecnica completamente innovativa, che permetteva una resa molto brillante dei colori ma che mostrò sin da subito un problema: l’umidità faceva scomparire l’affresco con una velocità impressionante. Nei secoli, innumerevoli tentativi di restauro hanno cercato di salvaguardare il capolavoro, spesso ridipingendone intere parti, e l’ultimo (durato oltre 20 anni) ha cercato di cancellare tutte le aggiunte per restituire al cenacolo il suo aspetto originario.