Il “mantovano volante” e la “locomotiva umana”

Oggi voglio parlarvi di due grandi personaggi di Mantova, due grandi uomini sportivi del secolo scorso. In un post precedente avevo già fatto il nome di uno, l‘automobilista Tazio Nuvolari; l’altro, Learco Guerra, è stato un celebre ciclista. E visto che in questi giorni si stanno correndo le prime tappe del Giro d’Italia (purtroppo funestate dalla tragica morte di Weylandt) inizierò a parlarvi proprio di quest’ultimo.

Nato nel 1902 a Bagnolo San Vito, un piccolo paese in provincia di Mantova, Learco Guerra fu un famosissimo ciclista degli anni ’30: vinse cinque campionati italiani su strada consecutivi, il campionato del mondo su strada del 1931, la Milano-Sanremo del 1933 e il Giro d’Italia del 1934. In particolare, è ricordato come il primo ciclista in assoluto ad indossare la Maglia Rosa, nel 1931: in quell’anno, infatti, durante il diciannovesimo Giro, si decise che i vincitori delle singole tappe dovessero indossare una maglia rosa (che richiamava il colore delle pagine della Gazzetta dello Sport, organizzatrice del Giro) e Guerra vinse le prime due tappe di quell’edizione (la prima era proprio da Milano a Mantova!). Da buon calabrese, poi, ci tengo a segnalare che “la locomotiva umana” (come venne soprannominato dal direttore della Gazzetta Emilio Colombo) era molto amato anche nel meridione, e dalle mie parti vinse un Giro della Provincia di Reggio Calabria nel 1931 ed un Giro di Calabria nel 1932.

Passando a Tazio Nuvolari, bisogna dire che fu una vera e propria leggenda dell’automobilismo, capace di imprese memorabili, come testimonia anche la canzone che Lucio Dalla gli ha dedicato nel 1976. Nuvolari nacque a Castel d’Ario, un altro paese a pochi chilometri da Mantova, famoso per i suoi risotti: oggi vi si svolge annualmente la sagra del risotto alla pilota, ricetta tipica del posto, così chiamato proprio in onore del grande corridore (anche se esistono altre interpretazioni etimologiche…). In realtà, Nuvolari iniziò la sua carriera abbastanza tardi e per di più come motociclista: prese la licenza di pilota di moto da corsa solo nel 1920, a 27 anni. In pochi anni, però, decise di dedicarsi all’automobilismo, diventando un vero e proprio mito: nel 1932 Gabriele D’Annunzio gli fece dono di una piccola tartaruga d’oro (con la dedica: “all’uomo più veloce, l’animale più lento”), che Nivola (come veniva chiamato dai suoi tifosi) tenne sempre con sé come portafortuna. Una piccola divagazione su D’Annunzio: anche lui era a suo modo legato a Mantova, aveva visitato la città e ne era rimasto talmente colpito da intitolare un suo romanzo “Forse che sì forse che no” prendendo spunto dalla frase incisa sul soffitto di una famosa sala del Palazzo Ducale. Tornando al “mantovano volante” (un altro soprannome che gli venne dato), un’altra sua caratteristica peculiare era quella di correre sempre con una divisa gialla con il monogramma delle sue iniziali (TN) cucito sul petto: quella divisa è oggi esposta al museo Tazio Nuvolari, in Piazza Sordello a Mantova. Leggendo le cronache delle sue gesta (dalle incredibili rimonte alle gare finite con l’auto letteralmente a pezzi, dagli spaventosi incidenti alle vittorie in giro per il mondo) non si può non provare una fortissima ammirazione per un personaggio tanto tenace, coraggioso ed abile come Nuvolari.
E non stupisce minimamente sapere che ai suoi funerali, nel 1953, partecipò praticamente tutta la città di Mantova (c’è chi parla di un corteo di 55.000 persone!), oltre al suo amico fraterno Enzo Ferrari.

Il “mantovano volante” e la “locomotiva umana”

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